Com'è noto, la politica ufficiale americana
in Giappone ebbe suoi pilastri, sul piano economico, in una serie di
provvedimenti diretti a "deconcentrare" i complessi industriali, a
sopprimere i monopolii e a riorganizzare "democraticamente" le
società per azioni. Tali provvedimenti avrebbero dovuto eliminare il pericolo
di un nuovo espansionismo nipponico…
Che tuttavia si trattasse di pure
baggianate propagandistiche apparve ben presto chiaro, e la situazione è oggi
che – leggi o no – il processo di concentrazione è ricominciato sotto la
spinta, inevitabile e favorita dalla stessa America, della necessità strutturale
di vendere sul mercato mondiale, e quindi di affrontare la concorrenza con la
massima concentrazione di mezzi finanziari e con una produzione razionalizzata,
in serie, a bassi costi.
Non stupisce quindi di leggere su Le Monde (19-10) che, nel campo delle
acciaierie, le tre grandi aziende la
cui partecipazione alla produzione di acciaio sommava nel 1937 al 97,8%, per
scendere nel 1949 all'88,5%, vi contribuivano nel 1951 per il 93,2; nel campo
delle costruzioni navali, la percentuale della produzione di sei grandi aziende sulla produzione
complessiva scende dal 91,7 nel 1937 al 61,7 nel 1949 e risale al 73 nel 1951;
quella di dieci grandi società carbonifere
supera nel 1951 la percentuale del 1937 (62,9% contro il 60,6) e così via.
D'altra parte, i famosi "zaibatsu",
le grandi società finanziarie tentacolari che, prima della guerra,
controllavano praticamente l'industria, le miniere, i trasporti e il commercio
estero giapponese — le quattro banche Mitsui, Mitsubishi, Sumitomo e Yasuda —,
e che la legislazione americana "antitrust" pretese di sciogliere, sono
ritornate sulla scena non soltanto coi loro tradizionali ritmi, ma coi tradizionali
legami in campo finanziario, manifatturiero, minerario, chimico ecc.
È lo stesso processo verificatosi in
Germania, inevitabile sia per la necessità di mantenere — anche a fini di stabilità
sociale — un minimo di attività produttiva nei due Paesi vinti, sia per
l'urgenza americana di sfruttare ai fini del potenziamento bellico l'apparato
industriale dei maggiori centri di produzione dell' "area del dollaro",
sia infine per l'impossibilità generale di disfare con misure d'ordine
amministrativo il processo storico dell'evoluzione capitalistica.
Che è un'altra conferma del marxismo.
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