(1952.02) I badogliani tedeschi

Tutte le propagande di guerra si fondano su un mito. Quella tedesca si basò sul mito della monolitica unità politica della Nazione tedesca e della leggendaria lealtà militare della razza teutonica. In realtà l'hitlerismo ripeteva esasperandoli tutti i motivi e le superstizioni criminose del pangermanismo. Purtroppo, gli avvenimenti accaduti durante tutta la seconda guerra mondiale, dalla cinica metamorfosi petainista della borghesia dominante in Francia, al formarsi dei vari governi "quisling" in Belgio, Olanda, Norvegia, ecc., al fatto più clamoroso della guerra – il capovolgimento del fronte operato dalla borghesia italiana – valsero ad accreditare il mito della assoluta superiorità della classe dominante e dello Stato tedesco in materia di dirittura morale, intransigenza politica, fedeltà agli ideali. Crebbe e ingigantì la leggenda della Nazione tedesca incorruttibile ed incorrotta in un mondo di traditori e di rinnegati. Né si trattò di una infatuazione da ragazze vanesie, se per tale enorme balla ci fu gente disposta a prendere le fucilate, se ci fu la repubblica di Salò, i cui stanati epigoni tentano di perpetuare la tedescomania di ieri l'altro.
La realtà fu ben diversa, come sempre accade nella storia delle borghesie. Innanzitutto, la decantata razza germanica sviluppò le famose doti guerriere solo negli ultimi decenni della sua esistenza millenaria. Se ci si rifà alle guerre di Napoleone I, tanto per restare nell'epoca contemporanea, risulta che i miserelli antenati dei tremendi soldati di Guglielmo II e di Hitler non riuscirono ad altro che a riscuotere formidabili sconfitte sui campi di battaglia, facendo vergognare poeti e filosofi di essere nati in Germania, ciò per via della fiacchezza, della ignavia e della viltà dei pubblici poteri di fronte all'invasore. Non parliamo neppure di quello che successe dopo la guerra dei Trent'anni! Certamente la vita più miserabile che si conosca fu quella della borghesia tedesca sotto il tallone prussiano. Solo nella misura in cui sviluppava la grande industria, dopo il 1870, la borghesia tedesca cominciò a ritenersi il prodotto più eletto del genere umano.
Ciò non valse nei decenni scorsi, non valse durante la seconda carneficina, non vale oggi, a ridare il senno agli ammiratori fanatici dello Stato tedesco. Ma i fatti stanno lì a demolire spietatamente i miti nazionalistici. Si disse: la Germania vincerà perché i soldati tedeschi sono imbattibili. Vinsero invece le concentrazioni industriali e tecniche più forti di quelle utilizzabili dalla Germania nazista. Si disse: tutti tradiscono, i tedeschi no. Nell'estate del 1944, promotori altissimi ufficiali dello Stato Maggiore, cioè la quintessenza concentrata della conservazione capitalistica, fu organizzato e consumato l'attentato contro Hitler, in vista di ripetere nei confronti del partito nazista quanto già effettuato felicemente dalla borghesia italiana, il 25 luglio 1943. Oggi, emergono dai verbali del processo aperto in Germania per fare luce sulle circostanze dell'impiccagione dell'ammiraglio Canaris, altri edificanti particolari del doppiogiochismo teutonico. Innanzitutto, rimane un fatto unico che alla testa delle manovre sotterranee dirette a prendere contatti col Governo inglese, contro cui la Germania era in guerra, si trovassero proprio coloro che avevano il compito di combatterle, e cioè l'ammiraglio Canaris e i suoi più diretti collaboratori rispettivamente capo e alti ufficiali del servizio di controspionaggio tedesco. Un po' troppo forte per i modelli mondiali della lealtà militare! Per tornare al processo, un ex ministro del governo bavarese ed ex ufficiale agli ordini di Canaris, ha rivelato che egli fin dal 1939 e durante il 1940, cioè in pieno conflitto, era stato incaricato di prendere contatti con il governo inglese, ricevendo nella bisogna l'appoggio del Vaticano. Che la congiura dei "badogliani" tedeschi, dei doppiogiochisti, contro il nazismo e per il "nemico" del proprio paese, fosse molto estesa, stanno a testimoniarlo le stragi di ufficiali, tra cui Rommel, e di politicanti "resistenti", perpetrate dalle milizie naziste rimaste fedeli ad Hitler. Né quanto sta facendo la borghesia di Germania di fronte agli occupanti anglo-americani e russi vale a rialzare il crollato mito della superiorità tedesca.
Come le altre la borghesia tedesca, in pace e in guerra, ha tenuto di mira solo il suo interesse di classe, la questione vitale della propria conservazione e quando si è trovata a scegliere tra la rovina e il tradimento ha scelto sempre il tradimento strafregandosene degli ideali di cartapesta dati in pasto alle folle destinate al macello. In Italia, in Germania, in Giappone – persino nel paese degli aviatori suicidi sorse il "badoglismo", prudentemente pilotato dalla Corte, e solo per poco Hiro Hito non riuscì a ripetere il gesto di Vittorio Emanuele III nel confronti del fascismo – la borghesia dominante tramava il capovolgimento del fronte, nello stesso tempo che mandava al macello i popoli. Prova lampante che la guerra imperialista è un affare interno del capitalismo.
Purtroppo, altri idoli si sostituiscono a quelli infranti, altri miti a quelli svergognati dagli stessi avvenimenti. I proletari del mondo ritorneranno ad idolatrare il "migliore soldato", il "più leale combattente"? Per fare le guerre occorrono le armi ma per far sparar le armi occorrono tali leggende. Non esistono soldati migliori o peggiori, ma solo proletari più o meno avvelenati dalla borghesia, la quale serve un solo ideale: il suo interesse di classe.

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