(1952.02) Attenti a Stalin il filotempista

Caro Programma Comunista,
reduce dalla laboriosa lettura del recente saggio del maresciallo Giuseppe Stalin intitolato Problemi economici del socialismo della U.R.S.S., che, sotto la direzione di Palmiro Togliatti, la rivista Rinascita ci ha tradotto dal russo, sento il bisogno imperioso, indovina di che?, di ringraziarti per la affettuosa accoglienza che hai immancabilmente tributato, sulla indimenticabile Battaglia Comunista, e sul presente foglio che ne assicura la continuità programmatica, ai Fili del tempo. Qualcuno potrà stupirsi dell'accostamento, ma solo se non avrà letto l'ultima fatica letteraria del maresciallo. Fatto sta che Giuseppe Stalin, massimo teorico del Cominform, è, per chi non se ne fosse mai accorto, un perfetto… filotempista. Già, un filotempista proprio come noi, seppure, s'intende, per obiettivi e scopi diametralmente opposti ai nostri, fatte le debite proporzioni tra il comandante in capo di eserciti e polizie abnormi e noialtri miserelli…
La verità è che Stalin, nel suo saggio, si richiama ad ogni passaggio, dal principio alla fine, ai testi, i "polverosi" testi, di quella che qualcuno spiritosamente ama definire la "paleontologia" marxista. Anche lui, guarda un po', dispone il contesto delle argomentazioni e il materiale dei fatti su un "Filo del tempo", il "suo", s'intende, quello che a lui e alla Direzione del P.C. russo è imposto dalla insopprimibile esigenza di definire i caratteri e il contenuto della economia russa. Brani da Marx, da Engels, da Lenin, citazioni delle fondamentali posizioni del marxismo, invocazioni all'autorità dei classici, tu ne trovi, nello staliniano saggio, quante ne vuoi. Lo scopo? Dimostrare che l' "oggi", tangibile in Russia e governato dal Politburo, pardon, volevo dire, Presidium, traduce nella viva materia storica le previsioni scientifiche del materialismo storico marxista, cioè appunto l' "ieri" del movimento operaio rivoluzionario.
Noi sappiamo grazie alla martellante azione del "nostro" filotempare, che neppure le armate atomiche e le onnipotenti polizie del Capo del Cremlino dispongono del potere di risaldare il "filo" tra la rivoluzione bolscevica d'Ottobre e l'odierno regime di "industrialismo di Stato" che vige in Russia. A suprema ironia degli affossatori del marxismo, arroccati sul vertice di formidabili apparati totalitari di potere, sta di fatto che ogni tentativo in tale senso è destinato a naufragare finché esista un solo proletario che sappia "leggere" i testi marxisti.
Chi ti scrive, ad esempio, pur non possedendo neppure il potere di un caporale, leggendo l'augusta prosa del più potente dei marescialli viventi, provava una paura ben diversa da quella inspirata normalmente dai potentati della terra, perché, te lo dico francamente, era provocata dalla profonda consapevolezza che, sincerità innanzi tutto, beh, le avrei bevute a garganella le falsificazioni di Peppone, se non fossi stato imbottito, da quel fanatico che sono, delle cose dette e ridette (alla faccia degli impazienti cercatori di novità) nei nostri Fili del tempo. La constatazione di essere scampato ad un pericolo mortale (politicamente parlando) mi ha fatto molto più piacere che non quella che neppure le argomentazioni di Stalin in persona riescono ormai a fare fesso me, che pure sono una recluta del movimento operaio.
Immagina, caro Programma, come ce la passeremmo (permetti che faccia un'ipotesi) se ora dovessimo affrontare gli agit-prop del P.C.I., non parliamo neppure dei tronfi bonzetti federali, rimpinzati delle proposizioni or ora stornate da Stalin. Che sarebbe successo se avessimo dato retta a coloro che guardano al lavoro svolto nei "Fili" e nelle riunioni di studio di Napoli, Firenze, Milano, soprattutto di quelle di Napoli e di Roma, come ad una specie di passatempo letterario e infruttuoso virtuosismo di archivisti? Sarebbe accaduto, è facile immaginare, che un'enorme confusione si sarebbe creata nei nostri crani, tale che nessun genio dell'azione della "politique d'abord" ce l'avrebbe levata. E a me pare che un movimento quale il nostro può benissimo resistere e durare senza poter mandare deputati alla Camera e segretari alle Leghe di mestiere, ma difficilmente può evitare di sbandarsi e scomparire se la confusione teorica si impadronisce di esso. E allora, dunque? Il lavoro di riordinamento teorico, intrapreso con i Fili, per debellare l'infatuazione attivista che minacciava di liquidarci, deve ritenersi solo opera di "studio", elucubrazione solitaria di chiesuole di pensatori, siccome pretendono certuni? Oppure, per toccare un altro tasto, possiamo dire di aver perso il nostro tempo assimilando quanto detto, con instancabile pazienza, nel centinaio di Fili del tempo, pubblicati dal 1948 ad oggi? Che abbiamo sopportato invano la fatica di lunghe sedute attorno a non comodi tavoli di lavoro rileggendo collettivamente capitoli fondamentali del Capitale di Marx? Coloro che presuppongono in se stessi, non si sa con quanta arbitrarietà, tempre di condottieri di abili manovre o di scopritori di indissepolti tesori teorici si sono lagnati solo di non potere tapparci la bocca. Ma ora vorrei vederli alla prese con la formidabile scartoffia spedita da Mosca, se ci fossero riusciti… Che è, che non è, sia di fatto che Peppe Stalin ha centrato la sua esposizione proprio, guarda caso, sull'abile ed insidiosa falsificazione dei capisaldi teorici marxisti, di cui assiduamente abbiamo letto nei Fili e discusso nelle riunioni di lavoro. Segno che Stalin sa molto meglio di certi rivoluzionari da strapazzo su quali denti batte la lingua… della critica rivoluzionaria.
E con ciò, caro direttore, ho finito. Sicuro che mi ospiterai in qualche pagina ti saluto caramente.
Il tifoso dei Fili del tempo

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