Tutta la stampa staliniana è ormai piena
di articoli apologetici sul V piano quinquennale. L'obiettivo cui tende la
campagna propagandistica è di inculcare nelle menti dei lettori il concetto
dello sviluppo gigantesco della industrializzazione russa, in confronto alla
postulata decadenza industriale ed economica dei paesi capitalistici di
Occidente, primi tra tutti, s'intende, gli Stati Uniti. Fin qui nulla di nuovo.
La propaganda della coalizione atlantica non persegue essa pure altro scopo che
quello di ficcare nei cervelli dei due miliardi e rotti di esseri umani, che
popolano la terra, la stessa nozione capovolta: superiorità in tutti i campi,
industriale, economico, militare, ecc. del blocco atlantico. Partigiano di uno
dei due blocchi, cioè disposto a prendere le armi per combattere sul o dietro il
fronte, è colui che dalla nozione, esatta o arbitraria che sia, della superiorità
di uno dei due colossi fa derivare l'obbligo di appoggiarne la politica
ufficiale o addirittura le azioni armate, belliche.
Noi che neghiamo programmaticamente ogni
sia pur minima azione o propaganda che non sia rivolta a smascherare il contenuto
capitalistico e antiproletario, di ambedue le coalizioni, possiamo
tranquillamente, a scorno degli indifferentisti, valutare i reali rapporti di
forza intercorrenti tra due concentramenti di potenziali economici e militari,
senza tema di apparire partigiani degli uni o degli altri. Impossibile è, sia
pure in vista di propugnare il giusto principio dell'antipartigianismo, negare
le differenze quantitative e di sviluppo della industrializzazione americana e russa.
Uguali non sono.
Lasciamo stare la questione della differenza
assoluta tra la produzione totale e la capacità militare di ciascuno. Vogliamo
occuparci ora di un'altra questione similare: l'incremento annuo della produzione.
In che misura la produzione nazionale aumenta annualmente in America e Russia? Lo
spunto ci viene dato dalla nota di introduzione al progetto del Comitato
Centrale del P. C. russo per il V Piano quinquennale, scritta da Riccardo
Lombardi, nume tutelare dell'economia cominformista italiana, insieme con Pesenti
e soci.
Come al solito, oltre all'intonazione solenne,
la nota è piena zeppa di dati, percentuali, statistiche, comprovanti tutte un
aumento strepitoso in ogni ramo della produzione russa. E sia, tanto più che
nessuno potrà seriamente confutarle o mestamente ritenerle per esatte, mancando
ogni possibilità di controllo. Riteniamo per buoni, per comodità di
discussione, i dati forniti dalle agenzie del Ministero russo della
Pianificazione. D'accordo, dunque, ogni ramo della produzione russa segna una
curva ascendente di incremento. Sia detto per inciso, ciò non capita solo al governo
russo: ormai tutti paesi occidentali, compresa la derelitta Italia, hanno
superato i livelli di produzione pre-bellici. Già, ammettono i fautori di
Mosca, ma in che misura? Qual è il tasso del loro incremento?
Vecchia questione, che servì egregiamente
agli opportunisti di ieri l'altro. Riccardo Lombardi esclama:
"Il nuovo
piano quinquennale dell'U.R.S.S. prevede il raddoppio della produzione
industriale dell'Unione Sovietica in 6 anni: difatti è previsto un incremento
di produzione del 12% all'anno".
E commenta soddisfatto:
"Contro l'1,4% degli Stati Uniti
d'America".
Segue una colluvie di cifre e percentuali
per dimostrare che il tasso di aumento di produzione previsto dai compilatori
russi è stato calcolato con eccessiva prudenza, preferendo i pianificatori
commettere errori di difetto anziché di eccesso, sicché una valutazione realistica
porterebbe il tasso di incremento al 16%. Non abbiamo alcuna difficoltà, per le
ragioni dette, ad accettare per buone le cifre degli uffici statistici russi.
Va bene, accettiamo come vangelo quanto il Lombardi ricava dai calcoli, e cioè
che, stando al ritmo attuale, la produzione globale degli Stati Uniti dovrà
impiegare quasi 50 anni per raddoppiarsi, mentre per l'economia russa
basteranno appena 5 anni. Ciò ammesso, non si dimostra certamente che
varieranno di conse-guenza i rapporti di forza tra le due economie rivali, dato
che la stessa quantità di merci rappresenta, se paragonata rispettivamente alla
produzione globale di Stati Uniti e Russia, diverse percentuali del tutto.
Esempio pratico: l'incremento del 100% di mille lite è minore dell'incremento dell'1%
di un milione di lire.
Solo se ambo i competitori partissero da
un'eguale base di partenza, cioè se entrambi possedessero 1000 oppure 1.000.000
di lire, la differenza delle percentuali di aumento del capitale considerato basterebbe
da sola a provare mutamenti di rapporti di forza tra i rivali. Quel che
Lombardi, come tutta la stampa staliniana, non dice, è questo: allo stato
attuale, la produzione totale degli Stati Uniti e della Russia sono allo stesso
livello? Per il momento conosciamo solo certi rifiuti che osano affermarlo…
Ma, come abbiamo già detto, non ci
interessa la situazione dei rapporti di forza tra le economie americana e
russa. Solo ci interessa di spiegare il fenomeno dello strepitoso aumento della
produzione russa, l'incalzante ritmo della diffusione dell'industrializzazione
sul ter-ritorio dell'U.R.S.S. Quale la causa? La risposta degli stalinisti ormai
è proverbiale: il socialismo, il carattere non capitalista dell'economia e
dello Stato russo. Altri più fessi dicono: il capitalismo di Stato, il "post-capitalismo".
La verità è che i primi mentono demagogicamente, mentre i secondi hanno dato in
affitto il cervello, pervenendo al punto di non sapere andare a ritroso oltre
il 1900, e quindi di non riuscire a capire che il capitalismo di Stato, la
gestione statale della produzione capitalista, è metodo di governo della classe
borghese che ha trovato impiego fin dal suo affacciarsi sulla scena della
storia, cioè fin dal medioevo. Vero però che il capitalismo russo non poteva
svilupparsi che nelle forme della gestione statale.
La spiegazione dell'altissimo tasso di
incremento della produzione, il "tempo" brevissimo segnato dal
dilagare della industrializzazione, sta nel fatto che quello russo è un
capitalismo in crescita, cioè un capitalismo nato ieri che si espande saturando
zone e aggregati sociali ancora al di là dell'industrializzazione, ancora
vergini di macchinismo e di commercio capitalistico. Naturalmente, e il
capitalismo industrializzatore non sarebbe storicamente una rivoluzione in
confronto ai regimi preesistenti se accadesse il contrario, l'introduzione del
lavoro associato e dei processi produttivi meccanici in territori e agglomerati
sociali arretrati, quali la Mongolia, il Turkmenistan, ecc., non può avere per
risultato che l'enorme esaltazione delle forze produttive e il relativo aumento
della produzione. Ad esempio, la Russia possiede un molto insufficiente sistema
di comunicazioni, il che rappresenta un ritardo notevole, e quindi uno stato di
arretratezza del capitalismo russo di fronte a quello più sviluppato di
Germania o degli Stati Uniti. Ma è fin da ora scontato che l'infittirsi delle
vie di comunicazione (ultima realizzazione, il canale Volga-Don) comporterà un
incremento della produzione, come nello scorso secolo avvenne per
l'introduzione delle ferrovie in Inghilterra, Germania, Stati Uniti, ecc. Ma tali
sensazionali scatti in avanti della industrializzazione e della produttività
non bastano da soli a testimoniare del carattere non capitalista della produzione,
che gli apologeti di Mosca petulantemente invocano ad ogni pie' sospinto.
Esempi storici non se ne trovano certo
di rado. Quello più vicino a noi, dopo la Russia, è fornito dalla Germania.
Dopo la guerra vittoriosa contro la Francia bonapartista del 1870, che le doveva
fruttare il possesso dei bacini minerari di Alsazia e Lorena, la Germania, in un
impeto irrefrenabile che fece stupire il mondo (e ingelosire l'Inghilterra),
diventò in breve tempo da paese agricolo uno dei massimi paesi industriali del
mondo. Confrontate il "tempo" della industrializzazione germanica con
quello segnato dall'Inghilterra, che era stata all'avanguardia della
rivoluzione industriale della prima metà del secolo XIX, e avrete che il tasso
di incremento della produzione tedesca raggiungeva gli stessi livelli
sensazionali che fanno impazzire di gioia i Lombardi e i Pesenti. D'altra parte
il processo d'industrializzazione non poteva ovviamente ricalcare le linee di
sviluppo di più antiche potenze industriali, ma si rifaceva immediatamente ai
più moderni ritrovati della tecnica, che imponevano la massima concentrazione
del capitale, sicché il mondo dovette prendere atto dei "record"
industriali tedeschi: i più grandi stabilimenti del mondo nel campo dell'industria
agricola, chimica, siderurgica! All'inizio del secolo lo stabilimento Krupp era
il più grande del mondo e la cifra di più di 35.000 operai da esso impiegati era
definita "enorme"! Era socialismo questa gigantesca eruzione di industrie
e di commerci? No, era soltanto la manifestazione impressionante della crescita
del capitalismo tedesco, che ormai libero da ogni inceppo semi-feudale, si
lanciava a testa bassa verso il traguardo della supremazia imperialista, che
doveva innamorare di sé non solo i Guglielmoni e gli Hitler, ma purtroppo anche
i Kautsky e C.
Identica cosa avviene in Russia oggi,
nel campo produttivo, e non solo in esso.
La freccia avvelenata del Lombardi consiste nel ripetere la solfa che in
Russia è un'altra cosa, perché non esiste (in parte e più in apparenza che
altro) la proprietà privata. Ma via!… Quando l'opposizione social-stalinista
alla Camera propone la nazionalizzazione delle industrie elettriche e meccaniche
che altro dimostra se non che la gestione statale così esaltata dai russi è
compatibile con l'ordinamento borghese?
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